Domani, sabato 2 marzo alle 21:25 torna in prima serata sul Nove “Accordi e Disaccordi” il talk di approfondimento che nasce per raccontare l’attualità del nostro Paese. Gli ospiti di Luca Sommi, domani, saranno il direttore editoriale del Secolo d’Italia Italo Bocchino e l’editorialista del Fatto Quotidiano Gad Lerner. Il conduttore incontrerà anche l’attore e regista Sergio Castellitto, presidente del Centro Sperimentale di Cinematografia, per una chiacchierata sul presente dell’Italia. Confermato lo spazio fisso per il direttore editoriale del Giornale Vittorio Feltri. Come sempre, per analizzare i fatti più importanti della settimana, saranno presenti il direttore de Il Fatto Quotidiano Marco Travaglio e il giornalista Andrea Scanzi. Abbiamo incontrato la mente ed il volto del programma, Luca Sommi, per conoscere qualche anticipazione sulla diretta di domani e per farci portare dietro le quinte di uno dei talk di maggiore successo di questa stagione televisiva…
Intervista a Luca Sommi, mente e volto di uno dei talk di maggiore successo della Tv
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Autore televisivo di successo da sempre, scrittore, giornalista. Luca Sommi è il personaggio che incarna al meglio la figura di un conduttore completo e di successo nella tv contemporanea. Uno dei volti che ha portato il Nove ad affermarsi come canale leader di ascolti, Sommi è, con il suo talk show, un punto di riferimento per il weekend televisivo. Con questa intervista ci porta a conoscere i segreti che hanno reso Accordi e Disaccordi un riferimento per l’approfondimento politico e l’attualità in tv.
Che puntata vedremo domani?
Cercheremo di capire a che punto siamo nella situazione internazionale, soprattutto per quanto riguarda la guerra in Ucraina. Poi faremo una riflessione con Sergio Castellitto, ci saranno le lettere dei telespettatori per Vittorio Feltri. Infine ci sarà un confronto tra Gad Lerner e Andrea Scanzi sulla politica interna del paese e cercheremo di capire che aria tira in questo momento in Italia.
Come è possibile oggi parlare in tv di un tema come la guerra facendo passare, soprattutto al pubblico più giovane, il messaggio che, purtroppo, non si tratta di una questione anacronistica?
Dare consapevolezza e autonomia critica alle persone che guardano la trasmissione è un nostro dovere. Oggi noi viviamo un momento storico molto complesso in cui non esistono risposte semplici, noi cerchiamo di mettere dei dubbi e degli elementi per sviluppare un’attività critica, questi dubbi sono fondamentali per la nostra professione. Il nostro compito è quello di cercare di raccontare le cose cercando di tenere separati i fatti dalle opinioni. Se è vero che siamo un programma di opinione, lo è altrettanto quanto noi esponiamo i fatti prima, e poi ci poggiamo su le nostre opinioni. Alcuni argomenti sembrano anacronistici, come la guerra di trincea, eppure sono drammaticamente attuali. La guerra può sembrare lontana, come sembrava impossibile nel terzo millennio dover raccontare di una pandemia dal sapore medioevale. Ai più giovani può apparire impossibile dover ascoltare discorsi su una guerra così vicina, eppure evidentemente la storia è una ruota che gira e riporta nel presente cose che sembravano appartenere al passato. Noi cerchiamo di creare un programma che fornisca gli elementi per fare in modo che l’opinione critica del telespettatore si sviluppi su fatti, opinioni e cultura…
Il Nove è un canale pioneristico da molti punti di vista, anche considerando gli ultimi arrivi in squadra come quello di Fabio Fazio
Nove è un canale perfetto per fare il nostro lavoro. Non ci sono interferenze e possiamo sempre raccontare a modo nostro la realtà. L’arrivo di Fazio, come quello di Crozza ancora prima, ha portato molta luce. Io ho lavorato in tutti i canali ed un luogo di laicità e libertà come il Nove non l’ho mai trovato.
Questo modo di gestire il network televisivo è più vicino ad una cultura di talk e approfondimento dal respiro internazionale?
Si questo è un network internazionale e che ha deciso di investire nell’informazione, nella satira e nel talk. Noi siamo molto felici di esserci e di poter lavorare in questo canale.
Lei è volto e mente di questo programma, la sua figura di conduttore è anomala, abbraccia un approccio multidisciplinare alla conduzione, differente dalla classica versione del conduttore che “mastica” solo tv…
Io ho fatto l’autore tv per tanto tempo, abbiamo provato questa puntata zero in cui sono passato davanti la telecamera e Nove ha trovato il mio apporto in video come una possibilità da provare. Abbiamo poi sagomato il format, con i dirigenti di Nove che hanno una grande sensibilità verso questo canale, per portarlo fino alla versione che vediamo oggi e che io conduco. Hai ragione, sono un conduttore anomalo, arrivo da un altro mondo, dal mondo dei libri, della cultura e dell’arte, ma io non riesco come indole a stare sempre su Dante e Toltoj, mi manca la “battaglia” quotidiana, il combattimento quotidiano per fare in modo che i telespettatori si possano costruire la propria idea. In questa mia natura un po’ bicefala continuo a portare avanti questa cosa dell’approfondimento e della cronaca politica. Spero di ripagare l’intuizione di Nove di mettermi davanti al video.
Quali sono gli strumenti in più che la sua preparazione e la sua struttura culturale le forniscono nella costruzione del programma?
Il vantaggio è che la cultura aiuta a interpretare anche il presente, il bagaglio culturale è importante per strutturare un’idea che non sia frutto solo della tua indole e della tua esperienza. Oggi i programmi televisivi utilizzano quel linguaggio che si definisce crossmediale, la tv non è più quella di una volta; il telespettatore oggi mentre guarda la tv ha anche in mano il cellulare, e mentre vede la trasmissione magari scrolla le pagine social. La crossmedialità deve tener conto dei linguaggi. Bisogna capire che esistono i diversi linguaggi (giornalistico, televisivo e dei nuovi media) così come esistono le diverse intelligenze. Non è che se una persona è intelligente, è intelligente in tutto ciò che fa, ognuno ha delle intelligenze in alcune cose ed in altre magari non ne ha, e lo stesso vale per i linguaggi. La televisione contemporanea chiede la conoscenza di queste diversità e delle diversità dei linguaggi, quindi: la rapidità senza essere superficiali, la profondità senza essere lenti; è richiesto un ritmo diverso, un ritmo semantico mi verrebbe da dire. La televisione di una volta era lentissima perché la nostra vita era lentissima, oggi la nostra vita è molto veloce e la televisione deve sempre tentare di superare la velocità della vita, poi i social addirittura ci abituano all’instantocrazia. Bisogna riuscire a coniugare tutte queste cose ed una formazione umanistica ti aiuta sempre in questo.
Possiamo dire che lei applica questo approccio multidisciplinare anche nella scelta degli ospiti che vanno a costruire la puntata del suo programma? Mi riferisco per esempio alla scelta di inserire un ospite come Crepet in un talk di approfondimento politico…
C’era un bellissimo racconto di Borges, “Funes, o della memoria”, contenuto nella raccolta Finzioni. Funes era questo soggetto con una memoria straordinaria, però se guardava un cane di fronte vedeva un cane, se lo vedeva da dietro vedeva un altro cane, se lo vedeva dal fianco vedeva un terzo cane ancora. Cioè vedeva 3 cani, non metteva in connessione le cose. Questo cosa ci insegna? Che la realtà non è sempre la stessa, dipende da che punto di vista la guardi. Allora noi non possiamo basarci solo sul punto di vista dei giornalisti che si occupano di cronaca o di politica, quindi vedere una sfaccettatura delle realtà che stiamo vivendo raccontata da uno psicanalista può avere lo stesso valore di quella che faremo domani con un attore. Vedere la realtà da punti di vista diversi ti offre una composizione della realtà più esaustiva.
Quindi, possiamo dire che anche il titolo del suo programma vuole restituire il tentativo di mostrare più punti di osservazione, il che non necessariamente deve voler dire mettere a confronto due fazioni politiche opposte…
E’ proprio così, non è necessario mettere a confronto due parti opposte. Certo tesi e antitesi, per arrivare a sintesi, sono il sale della dialettica, però questa non è l’unica strada. Noi domani sera faremo una riflessione sulla politica interna del paese mettendo uno di fronte all’altro Gad Lerner e Andrea Scanzi che non sono opposti tra l’oro come ideologia, ma hanno due punti di vista molto differenti su una stessa questione. A volte due pensieri che sono sullo stesso binario si sovrascrivono offrendo spunti nuovi. Quando Francisco Goja (pittore spagnolo ndr) si insedia a presiedere l’accademia di San Fernando dice “nell’arte non ci sono regole”, bene secondo me non ci sono regole neanche nella costruzione del racconto della realtà, l’unica regola è l’onestà intellettuale!